Nello scorso mese di agosto 7 studenti di Fondazione Campus sono stati selezionati dal Bulgari Hotel & Resorts Dubai per lavorare nello Spazio e nel Ristorante Niko Romito in occasione di Expo 2021, di scena proprio a Dubai dal 1 ottobre 2021 al 31 marzo 2022. Irene Rossetti, in vista dell’Open Day Corso di Laurea Triennale e Magistrale di Fondazione Campus, racconta a #IoSonoCampus la sua esperienza ancora in corso a Dubai.
Come nasce l’idea di andare a Dubai?
In maniera completamente inaspettata! Verso la fine del mio percorso di studi triennale, quando la ripresa del turismo sembrava ancora avanzare con intensa fatica a causa della pandemia, mi imbatto in una e-mail da parte del Career Service di Fondazione Campus che propone un progetto realmente ambizioso con una delle proprie aziende partner, ossia Bulgari Hotels and Resorts. Istantaneamente è stato come vedere un fascio di luce che suscita in me una immane curiosità; ecco perché decido di partecipare a una call esplicativa per scoprirne di più. Ciò che emerge è che la sede di Bulgari Dubai è stata selezionata per la gestione di tutta la parte Food&Beverage ed Eventi del Padiglione Italia ad EXPO 2020 (che ha rimandato il vernissage di un anno proprio a causa della situazione sanitaria nel resto del mondo).
La proposta quindi si fa sempre più avvincente, come se ci fosse quel famoso treno che passa una volta sola, ma al contempo hanno preso il via un tormento di idee e pensieri discordanti. Studiando turismo, ovviamente il mondo degli eventi l’ho affrontato a livello concettuale e con una certa passione, ma non ho avuto modo di sperimentarlo sufficientemente sul campo. Negli ultimi anni inoltre mi sono appassionata molto alla storia legata alle esposizioni universali, prendendo queste fiere come casi studio e come segno di un touchpoint davvero potente a livello internazionale. Nel 2015 ho avuto l’opportunità di visitare EXPO Milano e l’idea di poter, dopo anni, prendere parte in prima persona ad EXPO Dubai mi ha riempito d’orgoglio. In effetti, mi ricordo che uno dei pochi padiglioni che riuscii a vedere e da cui rimasi più colpita a Milano fu proprio quello degli Emirati Arabi Uniti: una parte del mondo così lontana ed esotica dal fascino misterioso.
Dall’altro canto però non considero l’offerta come lineare con tutti i piani che ho in mente: al momento sto svolgendo il periodo di tirocinio curriculare e non ho ancora iniziato con la stesura della tesi. Le mie idee di futuro sono legate ad altri desideri e priorità e sono piuttosto restia ad accettare di lavorare in F&B. Considerando però che il cibo è sempre stato, sia a livello culturale che a livello di processo chimico/tecnico, parte dei miei interessi assieme allo stimolo di portare e far conoscere sempre più l’italianità all’estero, considerando anche che si sarebbe trattato della mia prima esperienza in un luogo alquanto distante da casa, contro ogni perplessità decido di accettare la sfida e di seguire la mia intraprendenza e questa occasione come un valore aggiunto per il mio futuro professionale e con la cognizione che il settore dell’hospitality necessita di essere scoperto a 360°.
Che tipo di selezione hai passato?
Per il processo di recruitment, a seguito della tipica candidatura tramite CV, vengo convocata al Bulgari Hotel di Milano a metà Aprile 2021, dove prendo parte a un colloquio in lingua inglese con il Director F&B dell’azienda e con il responsabile HR. È la prima volta che mi trovo ad affrontare una interview per un notevole brand come quello di Bulgari e, indirettamente, per una grande catena come quella di Marriott; per questo devo ammettere che anche la selezione stessa “on site” rappresenta uno step formativo non indifferente. Già solamente l’idea di trovarmi in quella Boardroom indossando un abbigliamento business e di poter interagire con personalità di spicco mi regala un’emozione incredibile e scatena in me la determinazione di potercela fare.
La selezione prende in esame non solo studenti del nostro Campus, ma laureati e non che provengono dalle migliori università e scuole italiane nell’ambito del turismo, così come figure già con esperienza operativa nel settore. In tali contesti cercare di eccellere non è facile, ma cerco di essere semplicemente me stessa mostrando tutta la passione e l’entusiasmo per la proposta in gioco.
Bastano poi pochi giorni (molti meno di quelli che mi aspettassi) per ricevere la chiamata concernente l’esito positivo e il duty che sarei andata a ricoprire. Non realizzo immediatamente, ma in men che non si dica la clessidra per dare una risposta definitiva è già al termine… pertanto, alternando studio, lavoro e sport, riesco a laurearmi in anticipo rispetto ai miei piani e, nemmeno due mesi dopo, mi butto a capofitto in questa avventura. Ed ora… eccomi qua!
Com’è stato l’impatto con Dubai?
Altalenante. E devo ammettere che, a distanza di quasi 6 mesi, lo è tuttora. Ci sono momenti in cui penso che sia il mio posto nel mondo, e altri dove mi sento talmente soffocata da voler scappare.
Nel primo caso perché, da un punto di vista di opportunità di crescita professionale/business, Dubai è senz’altro uno stopover invidiabile, nell’ambito turistico in primis, ma non solo. È un luogo in cui ci si sente osservati, nel senso positivo del termine, dagli altri competitors del campo e in cui il mercato del lavoro vanta una dinamicità irrefrenabile. È una città sempre più in crescita, creativa e poliedrica, che dà spazio a tutti, che permette di sperimentare e dare sfogo a qualsiasi desiderio. Un giorno uno si sveglia e ha voglia di neve anche se si trova nel deserto? Non ci sono problemi, hanno pensato anche a questo: una pista da scii e una da pattinaggio dentro a un centro commerciale. Certo, è vero che le abitudini e le regole che vigono sono ferree e non facili talvolta da digerire rispetto alla nostra occidentalità, ma sono anche quelle che permettono una beata qualità e rigore di vita. Dubai a parer mio non è adatta a tutti, però va saputa scoprire, lentamente, con pazienza e con un certo mindset: non bisogna fermarsi alla mera idea di eminenti grattacieli e nightlife.
È indubbio però che l’impatto con l’immensità di alcuni luoghi, il costo della vita in sé e lo chic che si respira è talmente diverso da quello a cui siamo abituati in Italia che sorprende in maniera quasi surreale, tanto da sentirsi a volte dentro un parco giochi fittizio e appositamente creato per sbalordire l’essere umano (si pensi solo alla presenza di record come quello detenuto dal Burj Khalifa, grattacielo più alto del mondo; del Burj Al Arab, primo e unico hotel a 7 stelle a forma di vela; della Ain, ruota panoramica più grande al mondo).
Con il passare del tempo e con l’ambientamento è divenuta però altrettanto necessaria quella ricerca di autenticità e di esplorazione culturale che passa oltre all’estro del lusso per cui Dubai si è resa famosa in tutto il mondo. E quindi provando a visitare anche posti non turistici o geograficamente più distaccati dal centro città, così come dialogando con i local (che ricordiamo rappresentare una percentuale molto ridotta rispetto all’internazionalità che si respira) si riesce a scoprire e ad apprezzare anche aspetti quasi occulti di una realtà molto intrigante.
Inequivocabilmente l’Italia mi manca a momenti quasi da star male, oltre che dal punto di vista (ovviamente) culinario e paesaggistico, proprio per le abitudini di vita che siamo soliti tenere, ma Dubai è comunque tutto sommato una città in cui mi sento libera, sicura e a mio agio (non a caso esiste un Ministero della Felicità), in cui anche l’aspetto di vivere con un clima sempre caldo non è affatto da sottovalutare.