Sotto l’azzurro fitto/del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto: «più in là»”
Il più in là cantato da Eugenio Montale è un’attitudine al viaggio che si alimenta di esperienze, racconti, narrazioni. Anche se la nostra meta è il paesaggio che abbiamo tutti i giorni davanti agli occhi. Perché, come scriveva Italo Calvino, “Anche quando pare di poche spanne, un viaggio può restare senza ritorno.”
Perché il viaggio non è distanza, ma bellezza, comunità, sostenibilità, occhi per guardare, parole per raccontarlo.
Il viaggio è una storia che esiste solo se la sappiamo raccontare.
Per questo abbiamo chiesto agli studenti che seguono l’insegnamento “Itinerari turistici e paesaggio come patrimonio culturale” del corso di laurea triennale in Scienze del Turismo tenuto da Enrica Lemmi, Direttrice dell’Accademia del Turismo di Fondazione Campus e professoressa ordinaria presso l’Università di Pisa, di descrivere e raccontare un viaggio aprendo semplicemente una finestra della loro casa. E abbiamo chiesto loro di descrivere il paesaggio che si vede da quella finestra come se fosse una meta turistica usando il linguaggio dello storytelling. Perché quello che i nostri occhi vedono da una finestra descrive il senso del vero viaggiatore. E quando abbiamo occhi per vedere e parole per raccontare quel viaggio diventa un’esperienza che merita sempre di essere raccontata.
Oggi apriamo la finestra di Gianmarco Beccaria…
Questa foto non è stata la mia prima scelta per raffigurare ciò che vedo al di fuori della mia stanza. Inizialmente avevo deciso di mettere una foto che avevo scattato questa estate per le stories del mio profilo Instagram, raffigurante questa stessa pianta che compare dal basso del mio giardino, in quel periodo nel pieno della sua fioritura. Si tratta di una Bougainvillea, una pianta originaria delle zone tropicali, in special modo di Trinidad e Tobago, che nei mesi caldi si tinge di questi fiori color viola, in questa foto un po’ appassiti.
Se analizzassimo oggettivamente ciò che è rappresentato nella foto, oltre alla pianta, vedremmo una piccola area verde con qualche pino tra l’osservatore e la strada, al di là di essa troviamo al centro una casa abbandonata, per metà da qualche anno e per metà almeno da quando sono nato. Sulla destra, le rovine di quello che fino a qualche anno fa era un bellissimo maneggio con istruttori che ti insegnavano a cavalcare e in lontananza la pineta, oltre ad alcuni edifici sulla sinistra.
Fin da quando ero bambino, quando ho del tempo libero e non ho voglia di uscire, mi siedo qua davanti e inizio a entrare nel vivo dell’ambiente che mi circonda, ascoltando il minimo suono, spostamento. Mentre scrivo ripenso a quanto sia prezioso, a mio avviso, per un ragazzo della mia età avere un luogo del genere nella propria casa dove ‘’staccare la spina’’ dalla routine quotidiana per rilassarsi ed ammirare quello che c’è al di fuori di se stessi. Soprattutto, ripenso a quando mi sono accorto di questo valore, ovvero durante il primo lockdown a causa della pandemia, quando questo luogo per me è stato l’unico luogo consentito e a portata di mano per stare all’aperto, una sensazione fondamentale che ci è mancata tanto e che speriamo di non dover rivivere mai.
Ciò che mi piace davvero tanto è la molteplicità di anime che ha questo luogo. Nei giorni estivi è vivo più che mai grazie alla presenza dei camping nella vicina pineta del parco naturale di Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli: un via vai di turisti a piedi, in bicicletta, auto, camper di qualsiasi nazionalità ( da bambino mi divertivo un sacco a indovinare le nazionalità delle diverse targhe straniere); la notte porta una sensazione di natura allo stato puro: grilli, lucciole, uccelli (che spesso fanno capolino dal davanzale o addirittura dalle grate dell’inferriata), gatti, a volte qualche cinghiale in cerca di cibo, si sente il mare quando è molto mosso e poi il cielo, quando è sereno si riempie di migliaia di stelle… un posto a suo modo magico.