#IoSonoCampus incontra Giacomo Fani, Hospitality and Public Relations Manager di Marchesi Frescobaldi che da settecento anni, precisamente dai primi anni del Trecento, produce vino in Toscana. Frescobaldi interpreta la diversità toscana nei vini che riflettono ogni singolo terroir, rispettandone la natura e l’autenticità, nell’olio d’oliva e nei piatti cucinati nei ristoranti e nelle tenute di famiglia. La diversità si coltiva anche nel Rinascimento delle arti e degli uomini: col mecenatismo del progetto “Artisti per Frescobaldi” e la responsabilità sociale della riabilitazione dei detenuti dell’isola di Gorgona. Per un’eccellenza toscana, nelle tenute sono applicati con grande scrupolo tutti i principi dell’Agricoltura Integrata e Sostenibile e dal 2012 le certificazioni AgriQualità che prevedono l’impiego di tecniche agricole ecologicamente sostenibili e compatibili con la tutela dell’ambiente naturale.
Quale importanza riveste la relazione tra mondo universitario e mondo del lavoro nella vostra esperienza con Fondazione Campus?
È una relazione imprescindibile: costituisce, per i futuri studenti, una finestra tangibile sul mondo del lavoro e, per le aziende, l’opportunità di una panoramica fondamentale sulle risorse che il mondo universitario sta preparando per noi. Considerando, poi, la particolare sensibilità che Fondazione Campus da sempre dimostra per il mondo del lavoro, questa relazione acquisisce ancora più importanza perché ci permette un incontro con studenti che già, grazie ai loro studi, sono molto vicini alla realtà. E, quindi, a studenti ricchi di idee, spunti ed entusiasmo, tutti elementi dai quali possiamo attingere importanti osservazioni per i nostri planning strategici di sviluppo e crescita delle realtà di accoglienza in cui operiamo.
Il futuro per esistere deve essere costruito. E per essere costruito ha bisogno di competenze. Di quali figure professionali ha bisogno il turismo?
Il turismo ha bisogno di “artisti della socialità”, professionisti che, oltre le imprescindibili competenze tecniche, mostrino una naturale inclinazione alle relazioni, alla voglia di far stare insieme le persone: questo ricerco, in primis, quando seleziono candidati per il mio team. Troppo spesso ci si dimentica che il turismo richiede un’innata predisposizione all’interculturalità e, a volte, viene scelto questo percorso di studi senza domandarsi esattamente quale sia il suo fine. Gli studenti di scienze turistiche si dovrebbero poter riconoscere, a mio parere, già dal loro modo di dire “buongiorno”.
Quali sono le nuove frontiere di sviluppo dell’offerta turistica per i prossimi dieci anni?
Vivremo sempre più un’offerta fatta di “esperienziale”: un turismo che in qualche modo dovrà farci tornare diversi da come siamo partiti e non solo arricchiti culturalmente. È finita l’era del turismo passivo e puramente contemplativo, il turista oggi richiede di essere parte attiva del percorso/destinazione scelto; solo così riesce a stabilire relazioni umane, allargare i suoi contatti, soddisfare quella voglia di socializzazione che tanto caratterizza il turista contemporaneo.
Rendere il turista un viaggiatore in cerca di esperienze. Come si fa?
In realtà questo è un processo già in corso: il turista odierno è in cerca di esperienze, a noi operatori sta il compito di preparare un’offerta adatta a soddisfare la sua già innata propensione, troppo spesso ci limitiamo ad un’offerta statica che poco considera l’emotività che deve generare. Dobbiamo promuovere il sogno e, allo stesso tempo, dobbiamo saper soddisfare la voglia del turista di spingersi oltre la mera contemplazione: dobbiamo orientarci verso una proposta dinamica, interattiva e “umana”.
Come possiamo parlare di un nuovo umanesimo del turismo?
Il turista di oggi parte alla ricerca di relazioni umane autentiche, vuole entrare in contatto con il luogo che ha scelto di visitare, viaggia per vivere in simbiosi con il territorio e con la gente che lo abita, l’elemento umano diviene fulcro indiscusso della nuova esperienza turistica.
“Cultivating Toscana Diversity”: l’affermazione dell’identità e della specificità territoriale genera nuove figure professionali?
Certamente sì: il nostro “Cultivating Toscana Diversity” ci ha fatto confrontare con l’esigenza di formare operatori specializzati sui singoli territori, esperti di cultura della microzona. Frescobaldi, con questo slogan, ha voluto raccontare al mondo la bellezza di tante piccole zone della Toscana: si cercano, dunque, chef molto esperti di cucina del territorio, guide particolarmente istruite a livello di usi e costumi locali, insomma si compie un’attenta ricerca che permetta, tramite le nuove figure, di comunicare in modo adeguato la nostra fantastica diversità. Ci servono operatori con sguardo globale ma con spiccata passione per il locale, figure che esprimano l’orgoglio di farsi ambasciatori dell’ambiente in cui vivono e, quindi, capaci di dedicarsi al recupero della storia e della cultura di un ambiente e della sua gente declinandoli sulla base della sensibilità del turista che abbiamo davanti.
Un consiglio per gli studenti che cominciano oggi il proprio percorso di studi nel turismo?
Affrontate i vostri studi con tutto “l’umanesimo” che riuscite a trovare dentro di voi: niente di più bello del diventare costruttori di ponti tra culture diverse, per me questa è la mission del turismo contemporaneo. La sfida è riuscire a portare il particolare nel globale, in un mondo di massa riuscire a veicolare la “nicchia delle eccellenze”.