“Sotto l’azzurro fitto/del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto: «più in là»”
Il più in là cantato da Eugenio Montale è un’attitudine al viaggio che si alimenta di esperienze, racconti, narrazioni. Anche se la nostra meta è il paesaggio che abbiamo tutti i giorni davanti agli occhi. Perché, come scriveva Italo Calvino, “Anche quando pare di poche spanne, un viaggio può restare senza ritorno.”
Perché il viaggio non è distanza, ma bellezza, comunità, sostenibilità, occhi per guardare, parole per raccontarlo.
Il viaggio è una storia che esiste solo se la sappiamo raccontare.
Per questo abbiamo chiesto agli studenti che seguono l’insegnamento “Itinerari turistici e paesaggio come patrimonio culturale” del corso di laurea triennale in Scienze del Turismo tenuto da Enrica Lemmi, Direttrice dell’Accademia del Turismo di Fondazione Campus e professoressa ordinaria presso l’Università di Pisa, di descrivere e raccontare un viaggio aprendo semplicemente una finestra della loro casa. E abbiamo chiesto loro di descrivere il paesaggio che si vede da quella finestra come se fosse una meta turistica usando il linguaggio dello storytelling. Perché quello che i nostri occhi vedono da una finestra descrive il senso del vero viaggiatore. E quando abbiamo occhi per vedere e parole per raccontare quel viaggio diventa un’esperienza che merita sempre di essere raccontata.
Oggi apriamo la finestra di Gaia Paolini…
È inverno e come ogni giorno ho aperto la finestra di camera mia per prendermi cura del piccolo ciclamino rosso che ravviva gli scuri colori di questa stagione. Un freddo gelido mi sfiora la faccia, un brivido scorre lungo il mio corpo proprio come il leggero vento che fa tremare le foglie delle piante dei vari giardini. Non sono un amante dell’inverno, ma sono stata fortunata, una bellissima giornata novembrina con un limpido cielo azzurro spicca dalla finestra. Il sole illumina le finestre delle case e i panni stesi sui balconi ondeggiano leggeri mentre qualche albero tipico della costa mediterranea spicca dalle cime della collina sullo sfondo.
Invece di fuggire il prima possibile dal gelo, decido di ascoltare ciò che mi circonda e chiudo gli occhi per un istante. Tra il verde del mio giardino e quello dei vicini c’è una strada molto frequentata e rumorosa che collega il mio paese con gli altri. Non mi sono mai soffermata a guardare attentamente ciò che si vede e sente da camera mia e pensandoci bene, moltissime emozioni tornano in me. Quante volte mi sono ritrovata a chiudere la finestra perché non riuscivo a dormire, soprattutto i primi periodi in cui mi sono trasferita, “maledicendo” tutti coloro che passavano su questa strada. Ora che ci penso bene, però, davanti a me scorre la vita di chiunque passi di qui. È buffo vedere come cambia la quotidianità delle persone al cambiare delle stagioni.
Capita, specialmente durante l’estate, di sentire ragazzi che in sella ai loro scooter diretti verso spiagge o vita notturna cantano e ridono a squarcia gola mentre il caldo e l’ebrezza della loro amicizia li sfiora. Capita di vedere chi con i finestrini abbassati e il vento tra i capelli insegue la libertà della gioventù e chi invece corre perché è sempre in ritardo e deve andare a lavorare. Capita di sentire barattoli che rimbalzano sull’asfalto con i clacson degli amici degli sposi che festeggiano; di vedere chi corre, chi va in bici e chi si fa asciugare i capelli salati dal vento. Allo stesso temo però capita che tutta questa felicità venga interrotta dal suono di qualche ambulanza che squarcia il classico rumore del traffico come un tuono, soprattutto in un periodo colpito da una pandemia come questo.
D’inverno la situazione cambia: i passanti camminano veloci, chiusi nei loro cappotti perché fa freddo. La gioia dei ragazzi in scooter non rimbomba più nel cielo ma nelle loro macchine con i finestrini chiusi e vanno veloci forse perché i conducenti non vedono l’ora di rientrare nelle loro case dopo una giornata di intenso lavoro per lasciarsi scaldare dal calore dei loro affetti. A volte, soprattutto l’estate, trasformo tutto questo in un gioco la cui unica regola è quella di indovinare chi passa e dove sta andando… chissà se ci ho mai azzeccato! E chissà se altre persone facendo lo stesso gioco pensano a destinazioni o motivazioni di spostamento diverse per “i nostri viaggiatori”.