Pubblichiamo l’intervento di Enrica Lemmi, Prof. Ordinario dell’Università di Pisa e Direttrice dell’Accademia del Turismo Fondazione Campus, già pubblicato all’interno del volume La nuova museologia: le opportunità nell’incertezza. Verso uno sviluppo sostenibile, di Domenico Piraina e Maurizio Vanni (CELID, 2020).
L’avvio del nuovo millennio, con la forte instabilità delle reti geopolitiche e dei relativi flussi di mobilità internazionale, ha progressivamente fatto emergere le inesorabili trasformazioni e oscillazioni a cui è soggetto il mercato turistico globale; un mercato che risulta, peraltro, sempre più influenzato dalla crescente differenziazione dei profili turistici, che si riflettono sulle dinamiche di consumo delle risorse territoriali, tanto nelle tipologie turistiche urbane, quanto in quelle extra-urbane. Il valore intrinseco delle risorse territoriali, di natura ambientale, culturale, ma anche sociale, muove la sfida della competitività della destinazione turistica post-moderna: una ‘gara competitiva’ tra mete di viaggio che riscoprono la loro autenticità nei processi di riqualificazione delle risorse locali e nella riscoperta di una maggiore consapevolezza collettiva.
Di fatto, le strategie di destination management internazionali puntano ad un crescente miglioramento della qualità della vita dei cittadini e ad un completo restyling delle aree turistiche degradate, secondo i più recenti modelli europei per la sostenibilità economica, sociale e ambientale. In questo scenario,
la sostenibilità incontra i valori sociali della comunità locale e promuove l’incontro tra il viaggiatore e il nuovo ‘forestiero’, per una nuova sensibilità fatta di comunicazione, informazione, condivisione, co-creazione e narrazione digitale.
La narrazione della bellezza dei luoghi e della loro storia passa attraverso le parole dei residenti e attraverso i social network, modificando le modalità di fruizione turistica dei classici luoghi di vacanza.
La destinazione turistica diventa sostenibile e si afferma come meta prescelta dal turista rurale e dal turista responsabile, nella figura del cosiddetto ‘ecoturista’ o ‘slow tourist’; tale destinazione è altresì il luogo di vacanza che ospita sempre più spesso il turista urbano, come, peraltro, da antica tradizione che affonda le proprie radici nella prassi della villeggiatura in campagna. Costumi e modelli di comportamento del passato tornano di forte attualità, specialmente nell’attuale scenario mondiale, critico e imprevedibile per il mercato turistico.
Le stesse realtà urbane, d’altronde, sono le località che hanno saputo reinventarsi, dapprima con le profonde trasformazioni all’interno del proprio tessuto urbano, legate ai profondi processi di rigenerazione urbana e, immediatamente dopo, determinando la definizione di un nuovo sistema turistico per la città, un nuovo appeal che coniuga il paradigma della città sostenibile con quello della città ‘smart’. La smart city è il risultato della rivoluzione sociale, culturale, economica, ed anche turistica, della post-modernità. La smart city è stata così definita in quanto portatrice di un sistema di innovazione digitale, nell’ambito di un più ampio cambiamento dei sistemi di valori. Più recentemente,
la smart city ha acquisito i concetti di sostenibilità ambientale e sociale, in termini di inclusione sociale e qualità della vita, grazie all’interconnessione tra il capitale umano e il capitale tecnologico, e grazie alla crescente attenzione delle politiche pubbliche a tali temi di sviluppo.
La smart city diventa, inoltre, una “smart land” e “smart destination”, orientata a nuove formule di civilizzazione e modernizzazione delle piattaforme produttive, contribuendo alla competitività locale territoriale in termini di: coesione sociale, diffusione della conoscenza, crescita creativa, accessibilità, mobilità dolce, fruibilità dell’ambiente, ed anche, qualità del paesaggio urbano e della vita dei cittadini. Di fatto, la destinazione turistica smart è portatrice di un paradigma di valori socioculturali che si riflettono nella mobilità sostenibile e ambientale (bike e car sharing), nella qualità sociale (sistema educativo e infrastrutturale, servizi locali), secondo le prerogative dell’era della trasformazione digitale, che opera attraverso big data e piattaforme digitali condivise dai cittadini.
La smart destination rappresenta, in tal senso, il contesto cittadino che meglio incarna i valori della moderna città sostenibile, perlopiù ‘iperdigitalizzata’ e fortemente relazionale. Il concetto di sviluppo sostenibile applicato al contesto urbano si basa sui principi di integrazione sinergica tra i diversi asset territoriali: economico, sociale, culturale e fisico-ambientale. Come anticipato, il concetto di sostenibilità è strettamente correlato anche al concetto geografico di paesaggio urbano, che storicamente ospita l’economia della competizione globale tra i sistemi territoriali, e che si riflette, inoltre, nella “turistizzazione” del mondo e nell’economia dell’esperienza (Bonomi, 2014).
Alla luce di tutto ciò, nella gestione degli elementi relazionali della destinazione turistica sostenibile, la governance delle politiche territoriali si ridefinisce in una modalità reticolare, aperta al flusso di comunicazioni e informazioni, a nuove idee e best practices. In questo articolato contesto, la creatività diventa sviluppo economico attraverso il patrimonio relazionale e la capacità di governo locale ed è proiettata verso una nuova progettazione territoriale condivisa con gli attori locali. Secondo questa prospettiva, la smart city, quale smart destination, non è soltanto ‘città intelligente’, ma altresì, ‘città responsabile’ e ‘città rinnovata’ (Moroni, 2013). Pertanto, assumendo che la città sia un aggregato sociale e insediativo in costante trasformazione, ovvero un contenitore che sta mutando forma, anche all’interno di contesti urbani che stanno vivendo le fasi iniziali di tale processo di cambiamento, la città intelligente si evolve in meta turistica alla portata di diversi profili di fruitori.
Come ben noto, i fenomeni appena descritti stanno progressivamente investendo anche le destinazioni turistiche inserite nei contesti rurali o extra-urbani, che in maniera graduale e a diversa velocità di accelerazione del cambiamento stanno diventando smart, ricalcando in effetti i modelli delle grandi città internazionali.
Alcune note realtà europee come, ad esempio, Londra, Amburgo, Copenaghen e Vienna, grazie alla loro esperta capacità di governo in ottica di rigenerazione urbana, hanno saputo valorizzare il cosiddetto Internet of things, un modo di vivere la quotidianità iperconnessa, che ha determinato la competitività territoriale legata agli elementi fattuali della destinazione turistica, talvolta incentrati sul valore identitario dei luoghi e sul concept stesso della sostenibilità (Lemmi, 2015).
Secondo la stessa prospettiva di sviluppo, il mercato dell’hospitality cambia forma, sia in termini di erogazione del servizio che in termini di comunicazione del brand aziendale. Questo cambiamento è favorito dal sapiente utilizzo dei nuovissimi robot digitali, nonché dalle ultime tecniche di marketing predittivo rivolte ad un’offerta “tailor-made”, ad alto livello qualitativo (Lemmi, 2019).
Le notevoli evoluzioni del mondo digitale, applicate ai servizi dell’accoglienza turistica, hanno promosso l’avvio di nuove opportunità di business, tra le quali Clean B&B, la start up milanese lanciata nel 2016 da un progetto di equity crowdfunding, che si è affermata rapidamente e con successo nel mercato italiano dell’accoglienza.
Clean B&B rappresenta una best practice nell’offerta dei servizi di property management, attraverso la gestione integrata degli affitti di breve durata: dal sistema di prenotazioni, all’accoglienza del cliente, fino ai servizi di pulizia e alla rendicontazione economica dei pagamenti ai proprietari degli immobili. La start-up ha coinvolto numerose destinazioni a vocazione turistica su tutto il territorio nazionale, attivando un sistema di accoglienza digitalizzata e orientata, da un lato, alle esigenze dell’offerta del territorio e, dall’altro, alla definizione della rete degli attori turistici locali.
La competitività della smart city diventa, quindi, la competitività della destinazione turistica, una competitività hi-tech e sostenibile, basata su reti relazionali stabili e su nuove formule di dialogo territoriale. Ne consegue, che la narrazione della destinazione turistica in chiave digitale porta all’apertura di nuovi scenari turistici focalizzati sull’heritage culturale e sul patrimonio diffuso delle destinazioni culturali, anche di quelle minori, nelle quali i musei, a titolo esemplificativo, divengono dei luoghi interattivi fortemente interconnessi con il territorio che li ospita. Dal punto di vista ambientale, interessante sottolineare come il concetto di geoitinerario, quale prodotto turistico ad alta connotazione territoriale (Lemmi, 2015), si presenti attualmente sotto nuove formule virtuali, come quella del videomapping territoriale. Si tratta di un originale prodotto di gaming turistico, realizzato dalla start-up italiana IviPro, che promuove le destinazioni turistiche attraverso videogiochi in cui gli stessi utenti possono apportare modifiche agli itinerari virtuali in tempo reale. Secondo tali logiche,
l’itinerario turistico, reale o virtuale è, sempre più spesso, il risultato di un processo di co-creazione del prodotto turistico, nel quale il cosiddetto turista prosumer (Lemmi, 2009) assume un ruolo assolutamente centrale.
Nell’ambito delle nuove prospettive di destination marketing, che incontrano i mutevoli bisogni e istanze della domanda turistica, le policy di rigenerazione territoriale includono il vincente binomio cultura-turismo. Un binomio che si consolida attraverso nuove formule di marketing esperienziale e di comunicazione digitale, secondo le dinamiche del cambiamento sociale che influenzano il comportamento turistico odierno. Sicuramente questi nuovi approcci alla fruizione del patrimonio culturale e i nuovi modi di fare turismo rappresentano una plausibile risposta all’emergenza turistica mondiale del Coronavirus, il cui impatto sul mercato turistico internazionale ha congelato intere città, destinazioni balneari e persino le mete turistiche rurali. Gli effetti del lockdown economico e sociale sono notevoli per quanto concerne le presenze turistiche europee ed extraeuropee, la capacità di spesa turistica ed anche la stabilità finanziaria delle imprese turistiche. Tali aspetti rappresentano una difficile sfida per tutte le destinazioni turistiche; una sfida che, tuttavia, può dare origine contestualmente a nuove opportunità, finalizzate anche a ristabilire un quadro di maggiore equilibrio negli ecosistemi territoriali e nel benessere generale delle comunità che, nella società contemporanea pre-coronavirus, appariva a tratti ormai irrimediabilmente compromesso o perduto.
In un Paese come l’Italia, in cui il settore turistico genera quasi il 13% del Pil nazionale, i rilevanti effetti negativi sul comparto hanno innescato diverse misure utili a fronteggiare le dinamiche di un turismo ‘rinnovato’: il turismo dei piccoli numeri, delle brevi distanze e della sostenibilità ambientale. Di sicuro nessun concetto nuovo, ma, piuttosto, nuove modalità esperienziali e nuove formule di comunicazione turistica, alle quali la pandemia da Coronavirus ha indubbiamente aperto le porte: di fatto, un nuovo design turistico per le destinazioni e nuovi trend per un turismo che si adeguerà ad un ritmo di vita più lento e più responsabile. In effetti,
il turismo lento è una delle naturali risposte di rigenerazione urbana che le città internazionali stanno mettendo a punto, ma sarà anche uno dei comportamenti turistici alternativi che rafforzeranno il fenomeno del cosiddetto undertourism, quella dinamica opposta al tanto temuto overtourism che fino ad oggi affliggeva i luoghi del turismo di massa.
Ulteriori tendenze turistiche, come il turismo domestico e il turismo di prossimità, in linea con il turismo accessibile e low cost, potranno attivare dei flussi di ritorno alle seconde residenze oppure ai luoghi di campagna, al riparo dal flusso cittadini e, soprattutto, dal rischio pandemia. Il turismo si riattiverà nei luoghi rigenerati, senza limiti di tempo e di spazio, e ripartirà gradualmente, con particolare attenzione allo spreco di risorse, alla capacità di carico territoriale e agli effetti negativi sulle comunità locali.
Alla luce di un approccio turistico sostenibile e responsabile, la valorizzazione di rete coinvolgerà anche le attività e i mestieri della tradizione locale, quali l’artigianato, l’agricoltura, l’arte, la moda e l’enogastronomia: asset economici diversi che, insieme al turismo, costituiranno le chiavi di una rinascita locale integrata. L’heritage culturale della smart destination acquisterà, altresì, un ruolo fondamentale per la riscoperta dell’autenticità dei luoghi e, quindi, per l’affermazione dell’identità territoriale, a sostegno dei processi di scambio interculturale e di dialogo sociale (Lemmi, 2020). Ne deriveranno, infine, nuove figure professionali, come il paesaggista con competenze di tipo ambientale, botanico, urbanistico ed architettonico o come il manager di governo del territorio, attento, fra le altre, alle dinamiche del cambiamento climatico.
Il concetto chiave del turismo post-pandemia è la ‘resilienza’ del sistema turistico territoriale, alla scala delle azioni micro (piani marketing) e di quella macro (politiche di settore), nonché della ‘resilienza’ delle comunità locali, ovvero la capacità di adattarsi alle trasformazioni socioculturali, superandole, al fine di ripristinare l’equilibrio iniziale. A fronte di una nuova visione di turismo sostenibile e di una nuova relazione olistica uomoambiente (Giorda, Puttili, 2011), la sfida della ripartenza conduce a nuove dinamiche di viaggio, dove l’impegno civile ricopre un ruolo da protagonista, in uno scenario di più ampia ridefinizione della governance e del marketing territoriale. I termini di innovazione, rigenerazione e cambiamento della domanda e dell’offerta turistica definiscono pertanto un mercato del turismo ridimensionato, tanto attraverso le restrizioni delle forme di prevenzione sanitaria, quanto nella competitività del prodotto turistico, che incontra una domanda ancora più attenta, esigente e diversificata. Il ‘turismo della ripartenza’ è anche un turismo sociale e accessibile, rivolto ad una clientela con minore capacità di acquisto e di spostamento, seppur con la stessa motivazione al viaggio di natura socioculturale, leisure e business (Angelini, 2020).