Sotto l’azzurro fitto/del cielo qualche uccello di mare se ne va;
né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto: «più in là»”
Il più in là cantato da Eugenio Montale è un’attitudine al viaggio che si alimenta di esperienze, racconti, narrazioni. Anche se la nostra meta è il paesaggio che abbiamo tutti i giorni davanti agli occhi. Perché, come scriveva Italo Calvino, “Anche quando pare di poche spanne, un viaggio può restare senza ritorno.”
Perché il viaggio non è distanza, ma bellezza, comunità, sostenibilità, occhi per guardare, parole per raccontarlo.
Il viaggio è una storia che esiste solo se la sappiamo raccontare.
Per questo abbiamo chiesto agli studenti che seguono l’insegnamento “Itinerari turistici e paesaggio come patrimonio culturale” del corso di laurea triennale in Scienze del Turismo tenuto da Enrica Lemmi, Direttrice dell’Accademia del Turismo di Fondazione Campus e professoressa ordinaria presso l’Università di Pisa, di descrivere e raccontare un viaggio aprendo semplicemente una finestra della loro casa. E abbiamo chiesto loro di descrivere il paesaggio che si vede da quella finestra come se fosse una meta turistica usando il linguaggio dello storytelling. Perché quello che i nostri occhi vedono da una finestra descrive il senso del vero viaggiatore. E quando abbiamo occhi per vedere e parole per raccontare quel viaggio diventa un’esperienza che merita sempre di essere raccontata.
Oggi apriamo la finestra di Elena Rossi…
Ogni mattina quando mi sveglio e apro la finestra della mia camera mi trovo davanti a uno splendido paesaggio compreso tra mare e monti. Volgendo lo sguardo a sinistra ho la bellissima vista delle Alpi Apuane, attualmente innevate e delle conosciutissime Cave di Marmo Bianco. Volgendo lo sguardo a destra percepisco la vicinanza del mare e quando il vento spira forte sento il salmastro adagiarsi sulla mia pelle.
Mi piace raccontare della mia città e ancor di più di ciò che vedo dalla mia finestra perché tutto ciò che ho intorno racconta un qualcosa della mia vita e della vita di tutta la mia famiglia. Alla vista delle Alpi Apuane sono tanti i ricordi che mi assalgono, come le storie raccontate dai nonni e dai libri perché questo territorio è stato occupato dai nazisti durante la II° guerra Mondiale. Attualmente le Apuane restano un luogo di importante interesse turistico e notevoli sono gli arrivi di turisti sia nei periodi estivi che in quelli invernali. Flussi turistici non solo dovuti alla bellezza paesaggistica delle Alpi Apuane ma anche grazie alle famosissime Cave di Marmo Bianco di Carrara, conosciutissime già ai tempi di Michelangelo, che attraggono ogni anno milioni di visitatori.
Guardando dalla mia finestra e ammirando le perle bianche delle Alpi mi torna alla mente il mio caro nonno che lavorò al loro interno. Mi raccontava sempre che è un lavoro pericoloso a cui si sono dedicati un sacco di abitanti carrarini ma anche che, nonostante ciò, lavorare alle cave aveva anche il suo lato positivo: ogni mattina, alle cinque, ora del loro arrivo, li aspettava un bellissimo panorama che donava loro una sensazione di tranquillità nonostante l’elevato rischio a cui si sottoponevano quotidianamente.
Poi, arrivano i giorni in cui il vento spira forte e affacciandomi alla finestra sento l’odore della brezza marina che annuncia la vicinanza di casa al mare, sento i rumori delle navi che arrivano al porto e dei treni che arrivano in stazione, capisco che fuori dalla mia casa, nella mia città, ogni giorno c’è vita, c’è movimento, c’è gioia, allegria, ma anche tristezza. Tristezza perché nel brutto periodo di pandemia, questi rumori non si sentivano più (se non lo scoccare delle campane della chiesa dietro casa); tutto si era fermato, i treni non viaggiavano più, le navi non attraccavano più nel porto, i lavoratori stavano a casa con le proprie famiglie, la finestra di casa mia sembrava una cartolina, tutto era fermo, tutto era così bello ma senza vita. I giorni passavano, i mesi correvano veloci ma ecco arrivare uno spiraglio di luce in mezzo a questo grande caos: le misure di sicurezza si allentavano, si poteva tornare a una vita quasi normale (anche se nella normalità non siamo ancora attualmente). Sono tornata a sentire i rumori dei treni, i rumori del porto e le persone hanno ripreso a lavorare, i turisti a girovagare per la mia bellissima città ed io finalmente sono tornata a fare ciò che più adoro: passeggiare al mare e in collina respirando un’aria nuova che aveva il sapore della libertà di cui eravamo stati privati. Le spiagge sono tornate ad essere popolate da turisti sia italiani che stranieri che da sempre hanno amato trascorrere momenti di svago e relax con la propria famiglia in questo angolo di paradiso.
Spesso mi domando: se io fossi turista e non abitante verrei mai a visitare Carrara? La risposta a questa domanda è sì (e non perché sono di parte! 😊). Poche sono le città in cui puoi avere sia monti che mare senza percorrere centinaia di chilometri e che offrono la possibilità di praticare quasi tutte le tipologie di turismo. Inoltre, la mia città è conosciuta in tutto il mondo per il Marmo Bianco ed è stata anche percorsa dai pellegrini per il passaggio della Via Francigena. Insomma, sono in una vera e propria ricchezza naturalistica compresa tra il litorale tirrenico e le Alpi Apuane.