Attorno a un prodotto si può fare turismo? La risposta sembrerebbe in qualche modo scontata, conoscendo il valore economico e identitario di questo settore per il nostro Paese. E conoscendo soprattutto il valore della relazione tra chi produce, il luogo della produzione e la comunità che abita quel territorio
Ma, spesso, è altrettanto evidente come non vi sia una reale corrispondenza tra il valore delle produzioni agroalimentari italiane e un ritorno ugualmente interessante di esperienze che quelle produzioni possono offrire alla crescente domanda di un turismo sempre più vicino alle tradizioni, all’incontro con le comunità, alla scoperta del territorio e del saper fare e della “verità” dei prodotti che produce.
Al netto della crisi che il mondo dell’accoglienza sta vivendo causato dalla pandemia ancora in corso, la relazione tra prodotto e turismo rappresenta senza dubbio un fattore competitivo decisivo per la ripresa economica del settore. Ne parliamo con Cristina Ziliani, responsabile comunicazione e relazioni esterne della Guido Berlucchi & C. Spa, un’azienda familiare fortemente radicata nel suo territorio e testimonial molto attiva della bellezza e della qualità del Franciacorta anche fuori dai confini nazionali. Figlia di Franco Ziliani, storico fondatore delle cantine e pioniere delle bollicine in Franciacorta, Cristina ha condotto, assieme ai fratelli Arturo e Paolo, l’azienda nel nuovo Millennio e ha contribuito a lanciare nel 2019 Academia Berlucchi, un progetto di incontro e cultura per stimolare e condividere pensieri e proposte sul futuro.
In che modo un prodotto può creare turismo?
Un prodotto deve creare turismo. Soprattutto se parliamo di prodotti che derivano la loro identità dalla terra e dal lavoro collocandosi con una filiera corta e sempre più compatta in un territorio specifico e definito. Perché queste produzioni sanno generare cultura, storia, esperienza e il riconoscimento di un saper fare artigianale.
Il turismo cerca sempre di più una sintesi tra ritmi lenti e la richiesta, da parte dei consumatori, di prodotti in grado di dimostrare sensibilità ambientale, economica e sociale. Quale ruolo gioca in questo senso la coesione tra il territorio, la comunità e il prodotto?
Sono entrata in azienda nel 1981. La coesione è un concetto aziendale che, in qualche modo, c’è sempre stata. Quando sono andata a trovare mia figlia che studiava in California, ne ho approfittato per visitare la Napa Valley dove cercano da molto tempo di riprodurre esperienze e modelli produttivi e turistici che per noi sono scontati e persino banali. E o fanno con successo. Durante quel viaggio ho preso realmente coscienza che, a volte, anche se abbiamo prodotti e territorio noi non percepiamo ancora il valore e la piena consapevolezza di quanto grazie a loro il nostro Paese possa giocare un ruolo da protagonista nell’incrocio tra domanda e offerta di turismo.
E da cosa siete partiti in azienda per cambiare questa presa di coscienza?
Sembrerà banale, ma siamo partiti dall’apertura delle nostre cantine durante i fine settimana. Gli elementi c’erano già tutti per costruire la nostra offerta ma quello che ci occorreva era una organizzazione efficiente e la formazione di competenze capaci di aprirci al mondo. Lo abbiamo fatto ed è stato subito un successo.
Berlucchi con le sue etichette è una porta che apre a un mondo di esperienze.
Sicuramente il pubblico oggi vuole sapere come e dove viene prodotto ciò che consumerà e condividerà a tavola. Vuole toccare con mano la realtà dell’azienda e instaurare una relazione vera con le persone che ci lavorano.
Vuole “imparare” e capire il contenuto di una nostra bottiglia. Anche in questi mesi di chiusura generale non ci siamo fermati e abbiamo avviato delle degustazioni digitali: acquistando un box che comprende anche i bicchieri, è stato possibile sviluppare e portare avanti una connessione con i nostri clienti anche se non potevano uscire da casa. Questo è frutto di un processo di empatia, di un rapporto di ascolto che Berlucchi ha avviato da tempo.
Quando la visita a una cantina resta asettica e impersonale, anche se gestita bene, vieni via ma non sei più ricco di quando sei entrato. Hai imparato qualcosa ma non riesci a trasmettere l’idea di aver vissuto un’esperienza personale. Proprio per questo, abbiamo anche aumentato il numero di persone a contatto con il pubblico, offrendo opportunità di lavoro ai giovani che sono riusciti a trasmettere passione. È grazie a loro che abbiamo potuto raggiungere i 20mila visitatori l’anno.
Siete, quindi, diventati una destinazione turistica importante.
Di strada da fare ce n’è ancora moltissima. Il Franciacorta sta aumentando la propria notorietà nel segno della qualità culturale del turismo, anche grazie a eventi importanti come l’Expo di Milano del 2015 e la passerella galleggiante sul lago d’Iseo di Christo del 2016 che ha portato in questo piccolo territorio, non abituato a ricevere grandi flussi di visitatori, circa un milione e duecentomila persone in soli quindici 15. È andato tutto bene ed è stato un momento di comunità, di unione con tutti i protagonisti del territorio che si ripeterà nel 2022 grazie a Paola Pezzotti, sindaco di Sulzano che porterà sul lago Lorenzo Quinn, un artista famoso nel mondo per le sue gigantesche mani scolpite e le sue opere in difesa dell’ambiente.
Quanto conta, per Berlucchi, il sostegno alla cultura?
Abbiamo sempre avuto un’attenzione particolare al mondo dell’arte e della cultura, a partire dalla bottiglia di fine millennio realizzata da Arnaldo Pomodoro al sostegno convinto al Premio Nazionale Letterario e di cultura Franciacorta. Siamo persone concrete, nostro padre ci ha sempre spiegato che per essere imprenditori bisogna impegnarsi. Una lezione che abbiamo imparato. L’azienda ad esempio noi figli non l’abbiamo ereditata ma lui ce l’ha venduta. Solo così ne apprezzi il valore. Solo così costruisci il suo futuro. Per questo, all’inizio del 2019, grazie al sociologo e amico Francesco Morace abbiamo avviato il progetto dell’Academia Berlucchi, una iniziativa che produce incontri e confronti in grado di offrire uno sguardo concreto verso il futuro e che ci consente raccontare un po’ di quello che facciamo e che faremo.
A proposito di futuro, il tema dell’economia circolare del vino si muove attorno alla ricerca di nuove metodologie di filiera che consentano di definire un nuovo paradigma di sostenibilità. Quali sono i prossimi obiettivi di Berlucchi?
Stiamo lavorando per incrementare il più possibile il numero dei nostri fornitori nell’area della provincia di Brescia: siamo già al 98% per quanto riguarda i fornitori del reparto hospitality, ma intendiamo incrementare anche gli altri reparti. Inoltre, siamo in dirittura d’arrivo per usufruire di energia certificata da fonti rinnovabili e, nel corso del 2021, installeremo nei pressi dell’azienda alcune colonnine di ricarica per le auto elettriche. Un progetto a cui rivolgiamo una particolare cura riguarda il lavoro per il perfezionamento del Protocollo Viticolo Sostenibile, da proporre e diffondere a tutti i nostri fornitori di uva.